Come un incontro casuale a New York ha spinto il drammaturgo italiano a decifrare l’enigma del presidente americano
Tutto è iniziato con un incontro fortuito per le strade di New York. Stefano Massini, drammaturgo e narratore tra i più acuti della scena culturale italiana, si è trovato faccia a faccia con Donald Trump in una di quelle casualità che la Grande Mela sa regalare. Lo shock è stato tale che da quel momento Massini ha deciso di fare di quest’uomo il centro di un’indagine profonda, che ha dato vita a libri, podcast e una serie di incontri dal vivo che continuano a catturare l’attenzione del pubblico.
Oltre le etichette: né destra né sinistra, ma entrambe
La chiave di lettura che Massini offre di Trump sfugge alle categorie politiche tradizionali. “Trump non è né di destra né di sinistra”, spiega il drammaturgo, “ma è destra e sinistra insieme”. Una definizione che va al cuore del fenomeno Trump: la capacità di intercettare istanze populiste che tradizionalmente appartenevano alla sinistra – l’appeal verso la classe operaia, la critica alle élite economiche – combinandole con elementi tipicamente conservatori come il nazionalismo e i valori tradizionali.
Questa sintesi apparentemente impossibile è ciò che ha reso Trump un fenomeno politico inedito, capace di rompere gli schemi consolidati e di attrarre consensi trasversali che hanno spiazzato gli analisti di tutto il mondo.
Il milionario della porta accanto
Per comprendere Trump, Massini ci riporta agli anni Ottanta, l’epoca di Ronald Reagan. Trump è, nelle parole del drammaturgo, il “figlio degli anni 80” e il “milionario della porta accanto”. Gli anni Ottanta rappresentano l’apogeo del capitalismo spettacolare americano, quando il “greed is good” di Wall Street diventa filosofia di vita e la ricchezza si trasforma nel supremo status symbol.
Trump incarna perfettamente questa contraddizione tutta americana: è il miliardario che parla come l’uomo della strada, che ostenta il lusso dorato delle sue proprietà ma si presenta come “uno di noi”. La sua genialità sta nell’aver saputo rendere la ricchezza estrema non invidiosa ma aspirazionale, trasformandosi nel sogno americano fatto persona.
Il brand vivente
Ma c’è di più. Trump ha compiuto un’operazione senza precedenti: “Ha depositato se stesso come marchio, come business vivente”. Non si tratta solo di apporre il proprio nome su edifici e prodotti – Trump Tower, Trump University, Trump Steaks – ma di trasformare la propria esistenza in un prodotto commerciale. Lui stesso è il brand, il contenuto e il contenitore al tempo stesso.
Questa auto-commercializzazione totale spiega molte delle sue reazioni e strategie comunicative: ogni attacco personale diventa automaticamente un attacco al marchio, e ogni successo personale è un successo commerciale. La politica, in questa logica, diventa semplicemente un’estensione del marketing personale.
Una vita “in credibile”
La definizione che Massini dà della vita di Trump è magistrale nella sua ambiguità: “in credibile”. Il gioco di parole funziona su due livelli: incredibile nel senso di straordinaria, ma anche letteralmente “non credibile”, difficile da credere per la sua natura paradossale e contraddittoria.
Un esempio di questa incredibilità emerge da un episodio del 10 ottobre 1989, quando Trump sopravvive a uno scampato incidente in elicottero. Ma è nelle sue parole che il paradosso Trump si rivela nella sua interezza: quando un giornalista gli chiese se avesse mai commesso un errore, la sua risposta fu: “Ho fatto un errore: dimenticarmi di non aver sbagliato mai”.
Il paradosso dell’infallibilità
Questa frase racchiude tutto l’universo comunicativo di Trump. È un cortocircuito logico perfetto: afferma di aver commesso un errore, ma l’errore consiste nel non ricordare di essere infallibile. Trump trasforma anche l’ammissione di fallibilità in una riaffermazione della propria perfezione, svuotando completamente di significato ogni critica potenziale.
È una strategia comunicativa che Massini riconosce come estremamente sofisticata: ogni situazione svantaggiosa viene trasformata in un’occasione per rafforzare il proprio mito. Non si tratta di semplice arroganza, ma di un sistema comunicativo complesso che ha ridefinito i parametri del dibattito pubblico.
L’eredità di un fenomeno
L’analisi di Massini ci restituisce un Trump che va oltre le semplificazioni: non il villain hollywoodiano né l’eroe populista, ma un prodotto genuino dell’America contemporanea, figlio della cultura degli anni Ottanta e maestro di una comunicazione che ha cambiato per sempre le regole del gioco politico.
Il lavoro di studio e osservazione di Massini, nato da quell’incontro casuale newyorkese, ci offre strumenti per decifrare non solo Trump, ma l’America che lo ha espresso e che continua a esserne affascinata. Perché, come insegna il drammaturgo italiano, per comprendere un’epoca bisogna prima saper leggere i suoi personaggi più “in credibili”.