AI e Lavoro: L’intelligenza che sfrutta. L’appello per un’alternativa democratica.
Si è concluso al MAST di Bologna l’incontro “AI e Lavoro”, parte dell’evento “Il Nuovo Capitale. Artificiale e Umano, tra lavoro e diritti”, che ha messo a nudo la vera natura dell’Intelligenza Artificiale: non uno “strumento magico” o neutrale, ma una struttura di potere economico che concentra la ricchezza e ridefinisce, spesso peggiorandolo, il lavoro umano a livello globale.

L’AI come “Statistica Avanzata” in Monopolio
L’economista Cecilia Rikap ha demolito il mito dell’AI come entità aliena, definendola senza mezzi termini “statistica avanzata”. Per produrla servono tre ingredienti chiave: Dati (generati da tutti noi), Infrastrutture fisiche e, soprattutto, Lavoro, sia altamente specializzato che di bassa qualifica.
Il nodo cruciale risiede nel controllo di questa catena del valore. Rikap ha denunciato l’“estrattivismo intangibile” messo in atto da pochi giganti del tech (come Alphabet, Microsoft e Amazon), i quali si appropriano della ricerca scientifica prodotta a livello globale—anche nelle università—trasformandola in profitti esclusivi. Questo processo è stato etichettato come “totalitarismo epistemico”: le aziende non si limitano a rubare il valore, ma plasmamo e dirigono l’agenda di ricerca mondiale, assicurando che l’AI sviluppata serva solo a espandere il loro dominio e i loro guadagni.
La Divisione Globale e il Lavoro Invisibile
L’intervento di Rikap ha illuminato l’ombra dietro l’algoritmo: l’incredibile divisione globale del lavoro. Mentre gli scienziati e gli ingegneri del Nord del mondo godono di alti salari, la base dell’AI è costruita sullo sfruttamento di milioni di lavoratori invisibili.
Si tratta dei “data labelers” (etichettatori di dati), spesso localizzati nel Sud del mondo e pagati pochissimo per curare e pulire i dataset. La loro attività è fondamentale, poiché un dataset distorto produrrà un’AI distorto. “Le più grandi aziende tecnologiche”, ha citato Rikap, “raccolgono i profitti dall’AI scaricando completamente il rischio e il costo della generazione dei dati di addestramento su milioni di lavoratori sottopagati in tutto il mondo”.


La Nuova Minaccia: Dalla Analisi alla Sintesi
Vincent Puig ha raccolto il testimone, focalizzandosi sul cambiamento epocale introdotto dall’AI generativa: il passaggio dall’analisi alla sintesi attiva di testi e immagini.
Questo salto non solo minaccia l’occupazione in settori come uffici, vendite e servizi—e ora in modo crescente nei lavori creativi—ma mette in discussione l’autorialità umana stessa. Puig ha evidenziato come piattaforme basate sul contributo umano, come Wikipedia, siano oggi “attaccate” dalla produzione massiva e incontrollata di contenuti generati dall’AI.
Il rischio è che queste piattaforme, se non difese con strumenti di controllo, ricadano nel modello “Amazon Mechanical Turk”: un sistema di lavoro digitale in cui l’attività umana è ridotta a click working, sottopagato e asservito alla correzione dei dati destinati ai sistemi LLM (Large Language Models).
La Via d’Uscita è l’Open Source
Di fronte alle “scatole nere” (Black Box) dei modelli proprietari, entrambi gli studiosi hanno indicato una strada per un’AI democratica e sociale.
Puig ha sostenuto con forza la necessità di costruire ecosistemi democratici locali e internazionali e ha individuato negli LLM open source la chiave per il cambiamento. Modelli a sorgente aperta permettono ai cittadini e al regime pubblico di avere una forma di controllo sulla tecnologia, fornendo un argine al monopolio delle grandi piattaforme.
La sfida, come evidenziato dal dibattito, è se l’esperienza di democrazia tecnologica dal basso—incarnata dal movimento Open Source—possa prevalere, garantendo che l’AI non serva solo i profitti di un’élite, ma i bisogni reali della società.
