Julio Velasco alla Repubblica delle Idee
Bologna, 13 giugno 2025 – Tra le voci più interessanti della prima giornata de “La Repubblica delle Idee” di Bologna, l’incontro con Julio Velasco ha saputo toccare corde profonde che vanno ben oltre il mondo dello sport. L’ex allenatore che ha reso leggendaria la pallavolo italiana negli anni ’90, oggi alla guida della nazionale femminile che ha conquistato l’oro olimpico a Parigi 2024, ha condiviso riflessioni sul tema dell’educazione e della formazione delle nuove generazioni.
Il peso della responsabilità educativa
Moderato dalla giornalista Emanuela Audisio, l’incontro ha visto Velasco aprirsi su un tema che da sempre lo appassiona: l’educazione dei giovani. “Fare il genitore è molto più difficile che fare l’allenatore”, ha dichiarato il maestro argentino naturalizzato italiano, evidenziando come la responsabilità educativa in famiglia superi di gran lunga quella sportiva.
Una riflessione che nasce dalla sua esperienza pluridecennale sui campi di gioco, dove ha guidato generazioni di atleti verso il successo, ma che assume una dimensione ancora più profonda quando si tratta di formare i cittadini del futuro.
La virtù della memoria
Quando gli è stato chiesto quale sia la qualità più importante per un allenatore, Velasco ha sorpreso con una risposta tanto semplice quanto illuminante: “La migliore virtù che deve avere un allenatore è avere buona memoria. Ricordarsi anche di come eravamo noi.”
Un concetto rivoluzionario nell’approccio educativo: non dimenticare le proprie fragilità, i propri errori, le proprie paure di quando si era giovani. Solo chi mantiene viva la memoria del proprio percorso di crescita può comprendere davvero le difficoltà di chi sta muovendo i primi passi.
Contro il mito del “si stava meglio quando si stava peggio”
Velasco ha poi affrontato uno dei luoghi comuni più diffusi nella società contemporanea: il confronto generazionale. “Non dobbiamo confrontare le generazioni. Non è vero che prima si stava meglio di adesso”, ha affermato con convinzione, smontando la retorica nostalgica che spesso accompagna il dialogo intergenerazionale.
Una posizione che riflette la sua filosofia di vita e di lavoro: guardare avanti, comprendere il presente, costruire il futuro senza rimanere intrappolati in paragoni sterili con il passato.
Il valore dei giovani e la verità educativa
Il discorso di Velasco si è poi concentrato su uno dei nodi più delicati dell’educazione contemporanea: come comunicare con i giovani mantenendo equilibrio tra sostegno e verità. “Dobbiamo dire ai giovani che valgono tanto. Non dobbiamo giudicarli ma dire la verità sia quando fanno bene che quando fanno errori”, ha spiegato, delineando un approccio educativo basato sulla sincerità costruttiva.
Ma cosa fare quando questo dialogo si interrompe? Quando un figlio si rifiuta persino di ascoltare la voce del genitore, dell’allenatore o dell’insegnante? Per Velasco la risposta è chiara e controcorrente: “Oggi il vero problema non sono i figli ma i genitori che danno sempre ragione al proprio figlio.”
Gli anticorpi per la vita
L’ex allenatore della nazionale ha poi lanciato un appello che ha il sapore di una vera e propria rivoluzione pedagogica: “Lasciamo che i nostri figli sviluppino gli anticorpi per vivere bene nella vita.” Un concetto potente che ribalta la tendenza iperprotettiva di molti genitori contemporanei.
Come in campo sportivo, dove l’atleta deve imparare a gestire la pressione, la sconfitta e l’errore, anche nella vita i giovani hanno bisogno di sviluppare resilienza e capacità di adattamento. Proteggere sempre e comunque, dare sempre ragione, significa privarli degli strumenti necessari per affrontare le sfide del futuro.
L’eredità di un campione
Julio Velasco, 73 anni, porta con sé un bagaglio di esperienze straordinario. Dalla sua Argentina natale all’Italia, dove ha conquistato tutto quello che c’era da vincere con la nazionale maschile negli anni ’90 – tre Mondiali consecutivi e il titolo di “squadra del secolo” – fino al recente trionfo olimpico con le azzurre.
La sua carriera è stata un continuo alternarsi tra successi sul campo e riflessioni profonde sui meccanismi della leadership e dell’educazione. Non a caso, negli anni ha anche svolto ruoli dirigenziali nel calcio e si è dedicato alla formazione attraverso corsi di leadership.
Il presente e il futuro
L’intervento di Velasco alla Repubblica delle Idee si inserisce perfettamente nel tema di quest’edizione bolognese: “Raccontare il presente, immaginare il futuro”. Le sue parole offrono chiavi di lettura preziose per affrontare le sfide educative contemporanee, in un’epoca in cui la comunicazione tra generazioni sembra sempre più complessa.
Dal Teatro Arena del Sole e da Piazza Maggiore, i tre giorni di dibattiti, talk e interviste stanno animando Bologna con la presenza di giornalisti, scrittori, politici ed economisti da tutto il mondo. Ma le parole di Velasco rimarranno tra quelle più significative: un manifesto educativo che invita a ripensare il rapporto con le nuove generazioni.
Il suo messaggio è chiaro: amare i giovani significa anche saper dire di no, permettere loro di sbagliare, di cadere e di rialzarsi. Solo così potranno sviluppare quella forza interiore necessaria per affrontare un mondo complesso e in continua evoluzione.
In un mondo che corre veloce verso il futuro, il maestro argentino ci ricorda che la memoria non è nostalgia, ma strumento di comprensione. E che educare – che si tratti di atleti o di figli – significa prima di tutto ricordare di essere stati anche noi, un tempo, dalla parte di chi deve ancora imparare. Ma significa anche avere il coraggio di preparare i nostri giovani alla vita vera, quella fatta di successi e fallimenti, di gioie e delusioni, di sfide che solo chi ha sviluppato i giusti anticorpi può affrontare con serenità.