Il quartetto internazionale ha conquistato il pubblico del festival bolognese con un sound che unisce tradizione maliana e sperimentazione contemporanea
La domenica sera del 27 luglio ha regalato al pubblico del festival Montagnola Republic un’esperienza musicale straordinaria. Sul palco bolognese si è esibito LOLO, un quartetto che rappresenta un autentico dialogo tra culture musicali apparentemente distanti ma profondamente complementari.

Un incontro di mondi sonori
LOLO nasce dall’incontro di quattro musicisti di grande talento: Mamah Diabate del Mali alla voce, ngoni e tamà, il gambiano Jabel Kanuteh alla voce, kora e kamalengoni, e due maestri del suono italiano come Stefano Pilia al basso elettrico e Marco Zanotti alla batteria e percussioni. La formazione rappresenta un perfetto equilibrium tra radici africane e sperimentazione europea.
La performance ha letteralmente ammaliato il pubblico presente, che non è riuscito a rimanere immobile di fronte alle sonorità ipnotiche del gruppo. Particolarmente suggestivo è stato il momento in cui Marco Zanotti, oltre alla sua batteria, ha fatto vibrare i suoni di una grande zucca posizionata al centro del palcoscenico, creando un’atmosfera davvero incantevole.
Il legame con Rokia Traoré
Un elemento che unisce i membri di questo quartetto è la figura di Rokia Traoré, regina della musica maliana. Mamah Diabate accompagna da più di vent’anni la cantante nelle sue produzioni e tour, mentre Stefano Pilia ha suonato negli ultimi due album della Traoré, partecipando ai relativi tour. Anche Marco Zanotti ha collaborato con l’artista maliana, scrivendo insieme a lei il singolo “Ka munu munu” per l’ultimo album della Classica Orchestra Afrobeat da lui diretta.
Questo trait d’union rappresenta molto più di una semplice collaborazione artistica: è il simbolo di come la musica possa creare ponti autentici tra culture diverse, mostrando la ricchezza che nasce dallo scambio tra universi sonori lontani geograficamente ma incredibilmente affini dal punto di vista espressivo.




Gli artisti e le loro storie
Mamah Diabate porta sul palco la tradizione musicale del Mali attraverso il suono del ngoni, strumento tradizionale che padroneggia con maestria maturata in decenni di esperienza al fianco di Rokia Traoré.
Jabel Kanuteh rappresenta una storia di migrazione e resistenza culturale. Nato in Gambia come primogenito di 10 figli, ha iniziato a studiare la kora con suo padre Musa Kanuteh, griot e poeta incaricato di conservare la tradizione orale degli antenati. Dopo un lungo e difficile viaggio attraverso Mali, Burkina, Niger e Libia, ha raggiunto l’Italia e oggi vive a Fano, portando con sé il prezioso patrimonio musicale del suo popolo.
Stefano Pilia, nato a Genova nel 1978 ma bolognese d’adozione, è un chitarrista, contrabbassista e compositore elettroacustico formatosi al conservatorio. La sua ricerca musicale si concentra sulle proprietà scultoree del suono e sulla sua relazione con spazio, memoria e sospensione temporale.
Marco Zanotti completa il quartetto con il suo approccio anticonvenzionale e sperimentale alla batteria e alle percussioni, sempre alla ricerca di sonorità innovative attraverso strumenti tradizionali e inventati.

Un linguaggio musicale universale
Il concerto si è svolto nell’ambito di Montagnola Republic, il festival gratuito e accessibile organizzato da Arci Bologna che anima il parco della Montagnola dal 7 maggio al 30 settembre 2025. La location non poteva essere più appropriata per un progetto che celebra l’incontro e la condivisione culturale.
La musica di LOLO nasce dalla curiosità e dalla duttilità dei quattro musicisti coinvolti, che insieme ricercano un linguaggio musicale universale e contemporaneo. Come sottolinea il critico A. Simoniello: “I predominanti modi maliani e gambiani s’inseguono, ma vengono fusi in una più ampia officina del ritmo o impreziositi da digressioni sperimentali più astratte e psichedeliche. La curiosità e la duttilità dei singoli musicisti ricercano un linguaggio attuale e contemporaneo, sempre in bilico tra antico e moderno, paesaggistica e narrazione, con influenze jazz, rock, folk e avanguardia.”
Il fluire del tessuto musicale delle loro composizioni e improvvisazioni riflette le diverse sensibilità e background dei musicisti, creando un chiaroscuro di contrasti e riflessioni che sviluppa insolite geografie sonore. Un ponte culturale che dimostra come la musica possa essere davvero un linguaggio universale, capace di unire tradizioni millenarie e sperimentazione contemporanea in un dialogo ricco e profondo.
