La Sicilia, 20 maggio 1985

A PRIOLO NOTTE DI TERRORE, MA POTEVA ESSERE UN DISASTRO

Morire di paura in una tempesta di fuoco

Quando il progresso diventa un rischio

Una grande paura in uno scenario da inferno 2000. Esplosioni terrificanti come un bombardamento atomico e fiammate gigantesche come se un'immane torcia stesse per bruciare tutto. Se i boati hanno fatto tremare la lontana Catania, pensate un po' al terrore della gente del posto. È già un miracolo che soltanto una persona sia morta d'infarto. Poi per fortuna il mostro si è acquietato e le fiamme che per tutta la notte hanno sinistramente illuminato la zona industriale di Siracusa, con la gente impaurita fuori dalle case, si sono ridimensionate. Ma lo spettacolo notturno era spaventoso lo stesso. Sulla grande distesa di fabbriche, una contigua all'altra senza soluzione di continuità, vere cattedrali d'acciaio che continuavano a lavorare in automatico, si alzavano lingue di fuoco. Ogni fiammata era un getto di gas che bruciava. E, sopra di tutto, i nuvoloni neri della combustione che rendevano più agghiacciante il quadro.

Uno scenario così, nel cuore della notte, è orridamente splendido, del tutto inconsueto. E fa sorgere anche tanti interrogativi. Come mai anche nove anni fa, nella stessa zona, nel reparto "AM-6", avvenne un altro grave incidente - questa volta con tre morti - proprio di domenica e proprio alla stessa ora, quando i turni di sorveglianza sono ridotti e magari la stanchezza dell'uomo allenta il controllo delle macchine? E ti chiedi anche perché al mito della industrializzazione venne stupidamente sacrificato trent'anni fa questo splendido pezzo di costa siracusana così carico di storia e di bellezze. E pensi allo scempio di Marina di Melilli, la borgata marinara sgomberata e distrutta perché ormai invivibile, e pensi a questo cielo che prima era terso e adesso è denso di vapori e di odori sgradevoli. E ti chiedi perché, come è mai possibile che sia accaduto tutto questo, a poco a poco, fabbrica dopo fabbrica.
Si doveva sapere, ma non lo sapevamo per ignoranza, che le industrie di base inquinano, che le macchine prevaricano sull'ambiente e quindi sull'uomo, eppure abbiamo accettato tutto, forse per fame di lavoro, forse anche perché noi volevamo la nostra Lambrate, volevamo "allinearci" alle zone industrializzate. Siamo stati sciocchi e folli. Non abbiamo pensato ai guasti ecologici, all'aria sporcata, al mare, a quei pesci morti, non abbiamo nemmeno calcolato che queste industrie ad altissima automazione tutto sommato non offrivano molti posti di lavoro. Ci siamo buttati a capofitto nell'avventura delle ciminiere, sacrificando le struggenti ormai perdute bellezze di una Riviera su cui approdarono gli antichi greci. E' questo il progresso?
Ora il danno è fatto, più nulla al mondo potrà cancellare quelle cattedrali di acciaio, e non sarebbe nemmeno giusto, perché gli errori si debbono pagare e perché o bene o male quegli errori assicurano oggi migliaia di posti di lavoro. Però è doveroso chiedere che certi incidenti non avvengano più, che la gente dei paesi vicini possa vivere senza incubi, che si riduca al minimo il rischio: anzi, che almeno sulla carta non ci sia alcuna possibilità di rischio per l'uomo. Se non siamo stati abbastanza civili quando accettammo l'industrializzazione di una terra vocata solo al turismo e all'agricoltura, dobbiamo cercare di esserlo adesso, riparando in qualche modo agli errori e alle furberie di una classe politica regionale affascinata e lusingata dalla grande industria.
Andate di notte a vedere la zona industriale di Siracusa, quella spianata di fabbriche che copre il territorio da Augusta a Priolo. E capirete quanto alto possa essere il rischio con tutto quel gas e con tutto quel greggio che riempie tubazioni e serbatoi di enorme portata. Chiedere di eliminare la possibilità di incidenti - e controllare seriamente che le misure di sicurezza siano totali - è il meno che si possa fare.
TONY ZERMO

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Democrazia proletaria
«È un polo mostruoso»

La federazione provinciale di Catania di Democrazia proletaria ha diffuso un comunicato in cui si afferma che «Il mostruoso polo petrolchimico di Priolo, dopo il cancro, le malformazioni genetiche, la moria di pesci, l'inquinamento atmosferico, produce oggi ha anche catastrofe: solo un caso fortunato ha impedito che la gigantesca esplosione della sera scorsa provocasse centinaia di morti. È stato, questo, l'effetto più disastroso di una scelta politica che ha trascurato totalmente le esigenze delle popolazioni e le più elementari misure di sicurezza realizzando sul territorio della nostra isola il più grande e distruttivo polo petrolchimico del paese. Risibili appaiono, dopo tale catastrofe, le rassicurazioni alla popolazione e il dichiarare che tutto è stato sotto controllo».

Notte di terrore a Melilli

Melilli, 20 maggio
Svegliati di soprassalto da 5 violentissime esplosioni, avvenute dalle ore 23,25 alle 23.35 di ieri notte all'interno dell'impianto di etilene e propilene dello stabilimento ICAM dell'ANIC-MONTEDISON, sito al circa 4 chilometri da Melilli, nei pressi di Priolo. i cittadini melillesi, riversatisi fuori dalle proprie abitazioni, si sono trovati di fronte a scene degne dell'inferno dantesco: fiamme altissime illuminavano sinistramente di rosso il paese, rendendo spettrale il panorama, mentre schegge di ogni tipo volavano centinaia di metri di distanza ed una gigantesca nuvola di fumo nero apprestava l'aria circostante.
Immediatamente avveniva un fuggi fuggi generale. Migliaia di persone prese dal terrore e per timore di esalazioni tossiche fuggivano contemporaneamente dalla cittadina, intasando completamente la circolazione stradale e causando paurosi ingorghi (a proposito, come mai a Melilli, sita a contatto con la zona industriale e sede di basi militari, non è stato previsto un piano di evacuazione d'urgenza?).
Il sindaco della città, dottor Sebastiano Sbona, nel dubbio di pericoli immediati per la popolazione e privo di notizie certe (non l'usciva mettersi contatto con gli organi preposti alla Protezione civile), dava immediatamente l'ordine di sgomberare l'abitato, ma successivamente, dopo alcune ore, accertatosi che non vi erano pericoli di nubi tossiche, revocava l'ordine e i cittadini potevano ritornare alle loro abitazioni. Non tutti, però, raccoglievano l'invito, anzi la stragrande maggioranza preferiva passare la notte all'addiaccio, nei pressi di Sortino, e non ritornava affatto nelle abitazioni. Anche nella mattinata, la popolazione di Melilli, ancora terrorizzata dagli avvenimenti della notte, all'avviso che forse tecnici del ICAM avrebbero fatto esplodere spontaneamente, per motivi di sicurezza, un altro serbatoio nonostante le rassicurazioni di massima sicurezza fatta divulgare dal sindaco della città, fuggiva nuovamente dalle proprie case e si riversava nelle campagne vicino Sortino. Tuttavia, grazie all'incessante opera dei vigili urbani e dei carabinieri, finora, non sono stati segnalati incidenti. Giuseppe Aresco, di cerca settant'anni residenti a Melilli in via Aragona a causa delle sue precarie condizioni di salute, all'atto dell'esplosione, probabilmente preso dalla paura, veniva colto da edema polmonare e si salvava grazie al pronto intervento del dottor Sbona, medico e sindaco della città.
Andrea Mollica

Il presidente della Regione a Priolo
Sicurezza e lavoro
vertice con Nicolosi

Siracusa 20 maggio
Il presidente della regione onorevole Rino Nicolosi si è recato nel primo pomeriggio nella zona industriale di Siracusa per presiedere una riunione di tecnici, sindacalisti e autorità locali. L'incontro si è incentrato su tre argomenti di immediata necessità. Il primo riguardava la sicurezza degli impianti e del territorio circostante, il secondo l'urgenza di sopperire alla produzione di etilene tenuto conto del fermo degli impianti distrutti dall'incendio, il terzo punto era relativo al ripristino delle strutture produttive con l'obiettivo di mantenere i livelli occupazionali già abbassati in maniera preoccupante.
Per quanto riguarda la sicurezza dello stabilimento ICAM e del territorio circostante, ha detto il presidente Nicolosi, ci sono due cose urgenti da fare: una riunione con il responsabile della Protezione civile Zmberletti (che ha inviato già sul posto gli scienziati della commissione «Grandi rischi») per approntare controlli più completi sugli impianti, e poi la modifica del progetto della Cassa del Mezzogiorno per la nuova autostrada Catania Siracusa in modo da realizzare altri svincoli, questo per permettere alla popolazione locale, in caso di disastri, di potere trovare sbocchi utili. "Stanotte - ha sottolineato il presidente Nicolosi - ci sono stati ingorghi paurosi perché gli abitanti di Augusta, Priolo e Melilli non hanno attualmente altre vie di sbocco se non quelle che insistono sulla zona industriale".
Questo per quanto attiene al problema della sicurezza. Ma ci sono altri che riguardano sia la produzione industriale, sia i posti di lavoro. L'incendio dell'ICAM ha dato un duro colpo alla produzione di etilene, produzione che serviva anche altri stabilimenti, come quello di Brindisi. Visto che i tempi per rimettere in sesto degli impianti bruciati saranno necessariamente lunghi, il presidente Nicolosi ha proposto il ripristino dei vecchi impianti «CR-1» E «CR-2» fuori produzione perché considerati obsoleti. La messa in produzione di questi impianti dovrebbe consentire una produzione di 180.000 tonnellate annue. Inoltre si dovrà potenziare la produzione degli impianti di Gela.
Il terzo punto - quello relativo ai posti di lavoro e al ruolo guida dell'ICAM nella produzione chimica - potrà essere risolto soltanto con lavori accelerati al massimo per la sistemazione degli impianti distrutti dall'incendio. "Soltanto quando l'ICAM sarà nuovamente in grado di funzionare al massimo e di proporsi nuovi traguardi - ha detto Nicolosi - non ci sarà il pericolo di abbassare ulteriormente i livelli occupazionali già abbondantemente tagliati. Bisogna essere tutti concordi, industriali e lavoratori per risolvere i problemi della zona industriale di Siracusa ".

Permane il divieto di circolazione sulla Catania Siracusa (SS 114)

Siracusa, 20 maggio
La prefettura di Siracusa attesa la necessità di mantenere in via cautelativa per motivi di sicurezza dipendenti dalla nota emergenza dello stabilimento ICAM di Priolo, il divieto di circolazione sulla strada statale 114 Siracusa Catania, il collegamento predetto dev'essere tuttora deviato sulla strada provinciale 195 Priolo bivio Villasmundo".
" Ai fini di assicurare la priorità di esigenza della circolazione delle persone senza successivi disagi e rallentamenti - prosegue il comunicato - è stata disposta la interdizione al transito sulla detta strada provinciale, di tutti gli automezzi pesanti, sino al ripristino del traffico sulla 114 ".

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Un colpo durissimo per la zona industriale di Siracusa
Almeno un anno per ricostruire

L'incendio alla «ICAM» è stato circoscritto, ma ci vorranno ancora molte ore per domarlo

Stamani i funerali della donna (sorella dell'ex presidente della regione Nicita) deceduta per collasso cardiaco

Priolo 20 maggio 1985

L'«after day» del sinistro alla ICAM riduce le apprensioni della sicurezza delle persone, ma amplia quelle sulle conseguenze economiche immediate e lontane. Il luogo dell'incidente appare, sotto il sole già canicolare, - meno apocalittico che nelle ore notturne. L'incendio non è stato ancora domato, ma è decisamente circoscritto ed i vigili del fuoco controllano la situazione, pronti a intervenire nel caso di complicazioni peraltro improbabili. Dalle annerite colonne dei "silos" si levano fumi densi che testimoniano il perdurare della combustione. Gli esperti dicono che il fenomeno continuerà per delle ore, forse per qualche giorno ancora.
Ma niente pericoli, niente più quelle scene di panico e di drammatico esodo che si sono viste questa notte a Priolo, Melilli e Augusta e che sono all'origine del decesso della signora Concetta Nicita Mignosa, sopraffatta dalla emozione poco dopo essere salita in macchina in preda all'ansia di portarsi in salvo, lontano da quei bagliori sinistri e dai terrificanti boati (ci sono state 5 esplosioni consecutive).


Il bilancio per quanto riguarda la sicurezza delle persone è confortante. Al di là della povera vittima di Priolo, sorella dell'ex presidente della regione, onorevole Santi Nicita (i funerali della donna si svolgeranno domani nella cittadina industriale), si contano sei feriti (2 in più di ieri), ma tutti in condizioni non gravi. La prognosi più lunga, quaranta giorni, riguarda un dipendente della stessa ICAM, Filippo Velardita, di 43 anni, che è stato tradito dal suo stesso coraggio, essendo stato il primo ad avviarsi verso il luogo dell'incendio dopo avere accertato dai quadri di controllo che qualcosa nel reparto non funzionava per il verso giusto.
Il Velardita si era arrampicato fin sul pianerottolo di una torretta, ma poi, intimorito dall'avanzare delle fiamme, si è buttato dall'alto, con un salto di 4 - 5 metri, provocandosi nell'impatto col terreno, la frattura della caviglia. L'operaio, come gli altri venti suoi colleghi facenti parte del turno di guardia all'impianto, si trova all'interno della sala comando, costituita da un vero e proprio bunker di cemento armato, con doppie porte resistentissime, in grado di garantire l'incolumità degli operatori anche dagli effetti di un'esplosione ravvicinata. Fu, a suo tempo, la risposta del progresso alla sciagura di Brindisi dell'otto dicembre 1977 che provocò, in un impianto analogo, numerose vittime.
Naturalmente, tutti i compagni del Velardita sono rimasti illesi, mentre hanno subito ustioni non gravi (prognosi massima quindici giorni) 5 vigili del fuoco: Paolo La Rosa di 45 anni, Giuseppe Marino di 47, Gaspare Vivinetto di 38, tutti e tre di Carlentini) e, dalle ultime risultanze Concetto Germano di 44 anni e Giovanni Lauretta di 30, quest'ultimo di Noto. Sono tutti ricoverati all'ospedale generale di Siracusa. Intanto, la situazione di emergenza, proclamata dal prefetto Dott. Francesco Presti - in prefettura funziona in permanenza il comitato di protezione civile agli ordini del colonnello Snaiderbauer, va lentamente normalizzandosi, anche se sino a sera rimanevano interrotte sia la statale 114 nel tratto interessato, sia il tratto ferroviario che da Priolo conduce a Siracusa. Anche le popolazioni dei centri che gravitano attorno al triangolo industriale sono state tranquillizzate, perché in realtà di pericoli gravissimi non pare ce ne siano stati, nemmeno sotto il profilo ecologico. A questo riguardo, anzi, l'amministrazione provinciale, dove da pochi giorni è entrata in funzione una centrale di monitoraggio collegata a sette stazioni fisse di rilevamento dell'inquinamento atmosferico, ha diffuso i dati registrati durante la fase acuta dell'incendio: sono tutti abbondantemente sotto i limiti di allarme fissati dalla legge. Per esempio, dall'ultima rilevazione eseguita questo pomeriggio alle 16,30, si è accertato in relazione alla presenza di anidride solforosa nell'atmosfera, un indice di 0,025 parti per milione. Il dato comunicato personalmente dall'assessore provinciale all'ecologia Dott. Giuseppe Aiello, è dodici volte inferiore a quello del limite consentito dalle leggi vigenti. Non esiste, quindi alcun pericolo di nubi tossiche che possono creare problemi nelle comunità che attorniano la zona industriale. Ma come è potuto accadere un simile disastro e quali sono i danni e le conseguenze che ne deriveranno? Mediante la preziosa collaborazione del dottor Domenico Calafiore, delle relazioni pubbliche della Montedison, sono riuscito ad avere un breve incontro chiarificatore con l'uomo che ha vissuto in primissima persona la drammatica nottata del ICAM, l'ingegnere Alessandro Carattoni, responsabile di tutti i "cracking" dell'Enichem, il quale del tutto casualmente si trovava questa notte a Siracusa, dove era giunto per uno dei suoi periodici controlli all'impianto ICAM.


Prima ancora e per meglio far capire al lettore la portata di quel che è successo, è doveroso riassumere alcune notizie che inquadrano la natura e le dimensioni dello stabilimento teatro del sinistro. L'ICAM (Iniziativa congiunta ANIC Montedison) comincia a nascere, almeno come progetto, nel 1974 allo scopo di produrre etilene che poi verrà utilizzato in parte dalla Montedison per i suoi cosiddetti "intermedi" e in parte verrà avviato mediante etilenodotto, all'Anic di Gela per gli usi di questo stabilimento.
L'ICAM fu messo in marcia nel 1980 e quindi è nuovissima sia come concezione che come apparecchiature e impianti, fra cui il bunker di cui si è parlato. Nel 1981 l'ENI rilevò il 50% di proprietà della Montedison così che l'ICAM passò al gruppo Enichem. Con 434 dipendenti, a parte quelli dell'impianto di polietilene, ha una capacità annua di produzione di 600.000 tonnellate. Lo stabilimento lavorava già al massimo della sua capacità produttiva.
Ma torniamo all'intervista con dell'ingegnere Carattoni. I dati che rileva sono in verità allarmanti: "i danni di questa drammatica notte - dice - vanno quantificati, ora come ora, in circa 100 miliardi, senza considerare le conseguenze per gli impianti a valle, tipo quello di Brindisi, che vengono riforniti dal nostro etilene. L'impianto interessato dall'incendio è fuori causa e per ricostruirlo interamente ci vorrà all'incirca un anno. Questo significa che verrà meno circa la metà della nostra produzione globale di etilene che era arrivata a 2000 tonnellate al giorno".
- Ingegnere, è stata accertata la causa dell'incendio?
"È stata una perdita alla flangia di una colonna della distillazione di rettifica di quella che noi chiamiamo "zona fredda". Il fuoco continuerà sino ad esaurimento del combustibile. Bruceremo tutto il GPL, a una certa pressione, per scongiurare ogni possibile rischio di esplosioni".
- Per quanto tempo ancora potrà protrarsi il fuoco?
"Tenendo conto del precedente di Brindisi, le fiamme potrebbero trovare alimentazione, in graduale diminuizione sino a 48 ore dopo l'esplosione dell'incendio. Non c'è comunque alcun pericolo e l'impianto è stato isolato il più possibile".

In serata la stessa ICAM ha emesso un comunicato che in pratica non aggiunge niente di nuovo a quanto già si sa, ma serve a rassicurare ulteriormente circa l'evolvere positivo della situazione. Va detto, infine che nel primo pomeriggio all'ICAM si è svolto un incontro tra il presidente della regione, onorevole Rino Nicolosi, il prefetto Presti, il presidente dell'ICAM Sernia, appositamente venuto da Milano, il consigliere d'amministrazione Dott. Salvatore Formica e autorità e parlamentari.
Pino Filippelli

Un comunicato dell'Eni sull'incendio
Nessun pericolo di tossicità

Roma 20 maggio.
Appaiono "ingentissimi" anche se ancora da valutare i danni provocati dall'improvviso incendio che ha colpito nella scorsa notte lo stabilimento di Priolo della società ICAM. Lo rileva una nota dell'Eni affermando che le condizioni degli infortunati ricoverati all'ospedale di Siracusa "non destano preoccupazioni".
L'azienda conferma - rileva la nota - "l'assenza di alcun tipo di tossicità e quindi di alcun tipo di pericolo per le popolazioni che hanno seguito l'incidente con le preoccupazione dovuta all'estrema visibilità del fenomeno. La presenza di eventuali nubi - precisa ancora la nota - è dovuta esclusivamente a combustione di idrocarburi.
L'incidente necessita ora - ha detto il presidente della società, Sernia - di accertamenti accurati che verranno fatti nei prossimi giorni e solo dopo potranno essere prese le decisioni riguardo ai lavori e ai tempi di ripristino dell'impianto e per la ripresa della produzione. Nel frattempo tra "verranno valutate tutte le possibili azioni al fine di minimizzare le penalizzazioni produttive degli impianti degli altri stabilimenti di Enichem alimentati dai prodotti di Priolo. Ad una prima valutazione - afferma la nota - le ripercussione appaiono comunque rilevanti ".
La società ICAM - afferma Sernia -ha nello stabilimento di Priolo "uno dei più moderni ed efficienti impianti d'Europa" per la produzione di etilene e altri prodotti. Progettato e costruito nel 1981- 82 su iniziativa congiunta Dell'ANIC e della Montedison, appartiene ora interamente al gruppo Enichem. Lo stabilimento "è uno dei centri più importanti e vitali della chimica pubblica ed opera nel quadro della razionalizzazione produttiva della produzione di etilene che viene interamente assorbita per il fabbisogno di materia prima per la produzione di materie plastiche". Il valore della produzione del 1984 ha superato 300 miliardi di lire occupando circa 200 persone ". L'attenzione dell'azienda, esaurite le tematiche strettamente legate all'avviamento dell'impianto si è rivolta - ha precisato Sernia - alla ricerca della massimalizzazione della resa in prodotti pregiati e della riduzione dei consumi energetici ".

LA SICILIA
martedì 21 maggio
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