da "FAMIGLIA CRISTIANA" Ottobre 1980
Sulla zona industriale di Augusta
la minaccia degli inquinamenti |
LA COSTIERA DEGLI INCUBI |
di Franco Sampognaro |
Sette bambini nati con varie deformazioni,
un tasso di mortalità per cancro quasi doppio di quello
nazionale, pesci e molluschi deformi trovati nel mare: si
sospetta un collegamento con l’alta concentrazione di
industrie petrolchimiche lungo i 10 chilometri di costa. |
Tutti pensano che la colpa sia dell'inquinamento
industriale, ma nessuno lo dice chiaramente, quasi che una sorta
di pudore lo impedisse. In effetti prove scientifiche e soprattutto
"ufficiali" non ne esistono, ma basta guardarsi intorno
per capire che in questa allucinante storia di bambini malformati
i vapori velenosi espulsi dai complessi industriali devono aver
avuto un loro sinistro peso, forse determinante.
I bambini nati nell'ospedale "Muscatello" di Augusta
con l'organismo gravemente compromesso sono sette; sette innocenti
creature che un nemico invisibile e crudele ha aggredito, chissà
con quale complicato meccanismo, sin nel seno materno; storpiandole,
deformandole, condannandole a morte o, nei casi più fortunati,
alla precarietà. Per quattro neonati non c'è stato
nulla da fare, le malformazioni alla testa e al cuore li hanno
stroncati poche settimane dopo essere stati dimessi dall'ospedale.
Gli altri tre piccini, portatori d'imperfezioni meno gravi (ipoplasia
della mandibola, ernia diaframmatica, micromielia del femore)
sono vivi, ma quasi certamente resteranno per sempre vulnerabili,
destinati a condurre un'esistenza diversa dai loro simili.
E’ stato un pediatra dell'ospedale, il dottor Giacinto Franco,
a gettare il primo allarme. Era l’ultimo mercoledì
di settembre.
«Ho l'impressione», disse ai colleghi del reparto
ostetricia subito dopo aver visitato un bambino appena nato affetto
da coartazione aortica, «che ad Augusta stiano nascendo
troppi bimbi malformati. O mi sbaglio?». Una prima rapida
scorsa ai registri dei ricoveri confermava trattarsi di un sospetto
fondato. Un'indagine più approfondita, subito disposta
dal direttore sanitario dottor Renato Beneventano, metteva in
luce particolari e cifre impressionanti non tanto per l'alto numero
(sette, tanti in un paese di quarantamila abitanti) dei casi di
malformazione congenita verificatisi nell'arco di soli nove mesi,
quanto per la brusca impennata del fenomeno che negli anni passati
si era mantenuto al di sotto della percentuale nazionale, che
è dell'1,6.
Spulciando i precedenti, i medici del "Muscatello" si
sono trovati dinanzi a un quadro che non prometteva nulla di buono
e che indicava chiaramente come stesse accadendo qualcosa di insolito,
uno di quei fenomeni incontrollabili in cui i sanitari non vorrebbero
imbattersi mai. Dal 1970 al 1979, su una media di 800 lieti eventi
all'anno, si erano registrati non più di due casi di malformazione
congenita ogni dodici mesi. Nel 1980, invece, dal mese di aprile
a settembre, i casi sono stati sette. Una curva troppo repentina
per pensare a un fenomeno isolato, una sfortunata coincidenza.
Sono numeri scritti nei registri dell'ospedale: delle 625 giovani
donne diventate mamme al "Muscatello", 376 - poco più
della metà - vivevano ad Augusta - Il fatto che sei dei
sette bambini difettosi sono stati messi al mondo da donne del
luogo, rende più brusca la curva delle nascite di malformati.
Dallo 0,24 per cento dell’ultimo decennio si passa all'1,6.
Più che un aumento è stata un moltiplicazione. Probabilmente,
per non destare allarme, le autorità sanitarie hanno cercato
di sdrammatizzare. Gli stessi responsabili del "Muscatello",
pur ammettendo che il caso merita un approfondimento, minimizzano:
“Sì, c'è stata un'impennata, non si può
certo negare. Ma non è stata superata la media nazionale.
Perché è accaduta una cosa del genere, sette casi
nei primi nove mesi dell'anno? E chi lo sa. Come si fa così,
su due piedi, a stabilire una causa? Ci vogliono indagini approfondite,
lunghe, laboriose, attente verifiche, severi confronti. Inquinamento?
Non si hanno elementi certi per affermarlo. E poi non spetta a
noi medici di dirlo».
Più disponibile si rivela il dottor Giovanni Marischi,
uno dei ginecologi del "Muscatello", un giovane che
mostra di non aver paura di chiamare le cose con il loro nome.
Il quadro che fa della situazione è abbastanza chiaro:
«i genitori dei sette bambini», dice, «hanno
goduto sempre buona salute, specie negli ultimi anni, e hanno
altri figli perfetti. Durante la gestazione le madri non hanno
usato medicine. Essendo casalinghe, non erano esposte a rischi
professionali. Tutto ciò ci dice che i sette casi di malformazione
non sono dovuti a tare ereditarie, ne ad aggressioni virali. Potrebbe
restare in piedi un'ipotesi patogenetica legata al grado d'inquinamento
dell'ambiente. Non abbiamo elementi per affermarlo, ma non possiamo
nemmeno escluderlo». Una congettura da tener d'occhio, insomma.
Ci sono altri fatti, piuttosto, che fanno pensare a una relazione
tra malformazioni e inquinamento. Augusta (15 chilometri da Siracusa,
un grande porto naturale dove giungono giornalmente decine di
superpetroliere) si trova ai margini del "polo chimico"
siciliano. in una zona dove da vent’anni le raffinerie,
i grandi complessi petrolchimici e altri numerosi stabilimenti
lavorano giomo e notte scaricando veleni sia nella baia sia nell'atmosfera.
In questi opifici lavorano dodicimila persone, ma il prezzo che
gli abitanti della zona pagano per questi dodicimila posti di
lavoro è pesante.
Sino a vent'anni fa, prima degli insediamenti industriali, la
fascia costiera compresa tra Augusta e Siracusa, vasta poco meno
di dieci chilometri, era tra le più belle del mondo. L'odore
del mare, d'un azzurro opalescente, si mischiava col profumo dei
prati, dei giardini e dei frutteti. Il cielo era sempre limpido
e il sole entrava in tutte le case riscaldando gente povera, ma
felice.
A quel tempo, infatti, la maggior parte dei padri di famiglia
di Augusta, Priolo e Marina di Melilli (i tre centri abitati distanti
pochi chilometri l'uno dall'altro, e l'uno dall'altro separati
- oggi da centinaia di ciminiere) lavoravano la terra, andavano
a pescare, s'imbarcavano.
Una opulenza carica di guai
Poi giunse l'opulenza industriale, ma con essa
giunsero anche i guai. Man mano che le ciminiere aumentavano di
numero, il cielo perdeva il suo colore naturale, s'incupiva sempre
più, il sole scompariva dietro nuvole giallognole, mentre
l'aria, appestata dagli scarichi, diventava pungente, di uova
marce. Ma quelle erano soltanto premesse, la preparazione a scompigli
naturali che nel giro di dieci anni si sarebbero rivelati in tutta
la loro gravità.
La prima a pagare è stata Marina di Melilli, un paesino
di novecento abitanti che a un certo punto non ce l'hanno fatta
più a vivere e soffrire stretti tra un mare inquinato color
vinaccia e stabilimenti che riversavano sul paese, ventiquattr'ore
su ventiquattro, pulviscolo e fumo. Tutti i bambini erano pallidi,
tossivano, avevano pruriti, gli lacrimavano gli occhi. Per protestare
contro quell'assurda situazione la popolazione, per anni, scese
innumerevoli volte in piazza bloccando treni, la superstrada Siracusa-Catania,
gli ingressi delle fabbriche più vicine. Chiedeva il trasferimento
delle industrie. Si giunse a un compromesso: l'amministrazione
dell'Asi (Area di sviluppo industriale) avrebbe acquistato tutte
le abitazioni e le avrebbe demolite per insediarvi nuove fabbriche
mentre gli abitanti si sarebbero trasferiti altrove. Prendere
o lasciare. Hanno accettato quasi tutti; la maggior parte delle
case sono state già abbattute dalle ruspe; resistono ancora
una ventina di famiglie: forse meno, ma prima o poi la dolce Marina
di Melilli, che in estate si popolava di vllleggianti, scomparirà
per sernpre dalla carta geografica. (è accaduto)
Sul muro di una casa sventrata qualcuno, fuggendo, ha lasciato
un patetico messaggio: «Marina, risorgerai…».
Dove, quando?
«Viviamo come se ci trovassimo in una stanza chiusa insieme
con novanta fumatori», dice il dottor Antonino Bonocore,
57 anni, medico condotto di Priolo, altro paesino di duemila abitanti
che occupa uno dei vertici del triangolo industriale. Priolo dista
un paio di chilometri da ciò che resta di Marina di Melilli
e, in linea d'aria, non più di quattro da Augusta. Il tasso
d'inquinamento atmosferico nel "Triangolo” deve essere
abbastanza alto; esso viene controllato dalle stesse industrie,
ma chi controlla i controllori? Il dottor Bonocore lotta ormai
da dieci anni contro la morte per veleno che si aggira nella zona.
E’ stato - lui dieci anni fa - a lanciare per primo un grido
d'allarme, a dire che a Priolo le malattie polmonari e della pelle
erano in forte aumento, a sostenere che l'inquinamento stava lentamente
minando la salute dei suoi compaesani. Durante un blocco stradale
di protesta venne persino arrestato. Il destino di Priolo è
incerto; farà la stessa fine di Marina di Melilli? Sono
aumentati i casi di cancro, le epatiti sono frequenti, e quasi
tutti gli abitanti si portano addosso intossicazioni croniche.
Nella casistica dei sintomi e delle piaghe che la natura avvelenata
mostra agli uomini. ce n'è uno curioso. Nel mare di Augusta
sono stati trovati molluschi, crostacei e pesci affetti da misteriose
e inspiegabili deformità. Il fenomeno si potrebbe spiegare
col fatto che nella rada confluiscono gli scarichi di numerosi
stabilimenti industriali. Quali micidiali reazioni chimiche avvengono
in fondo al mare allorché i diversi elementi si mescolano,
forse non lo sa nessuno. La stessa cosa, del resto, accade nell'aria
con i gas emessi dalle centinaia di ciminiere. Gli effetti sono,
in tutti e due i casi, disastrosi sia per la fauna marina sia
per la vegetazione terrestre. Periodicamente tonnellate di pesci,
da qualche anno a questa parte, vengono a galla nella "rada
dei veleni", morti, uccisi dai tossici o dalla mancanza di
ossigeno eliminato o trasformato dalle combinazioni chimiche.
Sulla terraferma, invece, a soffrirne sono le piante. I frutteti
non producono più come una volta. Sono stati osservati,
nella vegetazione sia spontanea sia coltivata, disturbi della
crescita e deformazioni. E l’uomo? Una recente indagine
medica disposta dall'assessore alla sanità di Augusta,
Vittorio D'Amico, ha messo in rilievo un dato spaventoso: su cento
decessi, 28,8 sono provocati da cancro. La media nazionale è
del 16 per cento.
I fenomeni più angoscianti
E’ in questo quadro scoraggiante che trova
posto il fenomeno più recente e angoscioso, quello dei
sette bambini colpiti, con impressionanti analogie, come i pesci
e gli alberi, nelle loro strutture vitali.
«Tutto questo», dice il dottor Marischi, sembrerebbe
far parte di una situazione globale di sovvertimento di un "unicum"
biologico in cui l'essere umano è certamente inserito.
Occorre quindi indagare seriamente su tutti questi fenomeni, naturalmente
senza isterismi, ma anche senza minimizzare la portata di quanto
si va osservando».
Una commissione medico-scientifica dell'Istituto Superiore della
Sanità è attesa ad Augusta da un giorno all'altro.
Dovrà indagare sull'effettivo tasso d'inquinamento nella
zona e sui danni che esso può provocare all'organismo umano,
e dire perche sono nati quei bambini difettosi e sino a qual punto
l'inquinamento ne è responsabile. «Siamo stati noi
a chiedere al ministro Aniasi un'indagine», dice il Sindaco
Salvatore Lanteri, 45 anni, democristiano.
«Ma chiederemo altro. Augusta ha bisogno di una legge speciale.
La Legge Merli non basta. I dirigenti delle industrie, quando
si parla d'inquinamento, rispondono di essere in regola, di attenersi
scrupolosamente alle norme vigenti. Probabilmente è la
verità. Ma c'è un particolare di cui bisogna tener
conto. Le industrie, nella zona, sono numerose e gli scarichi
di ciascuna di esse si sommano. Così i rischi si moltiplicano.
Ma da qui a dire che "questi bambini sono nati così
per colpa vostra", ne corre. Prima di accusare gli stabilimenti
ci servono altri dati».
Il pretore Antonino Condorelli, 33 anni, che lotta contro l'inquinamento
senza guardare in faccia nessuno e che nel passato non ha esitato
a incriminare e condannare i direttori di alcuni "colossi"
industriali, tiene sul tavolo, bene a portata di mano, le cartelle
cliniche delle madri che hanno dato alla luce i sette bimbi malformati.
Ancora il giovane magistrato non ha preso alcun provvedimento,
non ha incriminato nessuno.
In paese l'angoscia preme nel petto della gente. Le giovani coppie
sono preoccupate. Le madri "in attesa" lo sono di più,
e la loro apprensione non è certo inspiegabile. Ma in sette
abitazioni c'è chi piange e si dispera ancora per il crudele
destino che ha colpito quei poveri bimbi ancor prima che si affacciassero
alla vita.
Sono le mamme delle vittime di questa moderna e oscura "strage
di innocenti". Esse sanno, o credono di sapere, chi possa
essere l' "Erode" dei loro figli e non hanno paura di
dirlo.
«Adesso non ho più dubbi», dice Concetta Bordonaro,
30 anni, «il mio Adriano è nato col cuore deformato
a causa dell'inquinamento. E’ stato il veleno che grava
su tutti noi a ucciderlo». Un singhiozzo la scuote, mentre
suo marito Giuseppe, anche lui di 30 anni, cerca di confortarla.
«Quando il mio piccino è nato», riprende la
giovane, “sembrava normale. Io e mio marito ce lo portammo
a casa felici. Quanti sogni, quanti progetti! Poi, alcuni giorni
dopo, il mio Adriano mostra di star male. Rifiuta il latte, diventa
cianotico, una candela che si spegne. Una radiografia rivela la
terribile verità, mostra il suo cuoricino ingrossato in
maniera allarmante. Gli specialisli del Policlinico di Catania
ci dicono che non c'è nulla da fare. Tentiamo a Vicenza.
Adriano viene operato, sembra salvo, ma si tratta di una crudele
beffa. L’indomani non c'è più. Chi mi restituisce
adesso il mio bambino?…».
Franco Sampognaro
Famiglia Cristiana, Ottobre 1980