LA COSTIERA DEGLI INCUBI

L'ALTRA TRAGEDIA NASCOSTA
La stesura iniziale di questo pezzo avvenne dopo la vicenda delle “navi dei veleni”, e venne pubblicata da una rivista a diffusione nazionale (Amici dei Lebbrosi, febbraio 1989) poi è stata aggiornata in seguito al terremoto del 1990.
E’ forse cambiato qualcosa? In meglio o in peggio? Giudicate voi.
AUGUSTA: UNA TRAGEDIA NASCOSTA

Hiroshima, Chernobyl, Seveso, Bhopal: sono i nomi di alcune città tragicamente venute alla ribalta nella storia dell'umanità.
I nomi di queste città si sono ormai stampati nella nostra memoria per i tragici avvenimenti di cui sono state vittime.
Ma esiste anche un altro luogo della Terra, dell'Italia in particolare, di cui nessuno parla od osa parlare, di cui nessuno si interessa; un luogo che potrebbe aggiungersi ai quattro sopra ricordati: Augusta.
Una pesante coltre di silenzio grava su vicende che, tutti, invece, dovremmo conoscere.
Qualche volta, ma sempre in seguito a gravi disastri accaduti o solo sfiorati, abbiamo sentito pronunciare le parole Augusta - Priolo - Melilli al Ministro dell’Ambiente Ruffolo, ai Ministri per la Protezione Civile, all'annunciatrice del telegionale.
La maggior parte degli italiani non sa neanche cosa siano o dove si trovino.
Non sono in molti in Italia a sapere che tra le province di Catania e Siracusa esiste una zona che in fatto di rischi veri non è seconda a nessun altra su tutto il territorio nazionale: rischio sismico, rischio chimico-industriale, rischio militare.
Oltre duecentomila persone che vivono a diretto contatto con una polveriera pericolosamente innescata.
Attorno al porto di Augusta troviamo la più alta concentrazione di raffinerie di petrolio dell'intera Europa, dove viene raffinata la quasi totalità del greggio importato in Italia; due basi militari di grande importanza strategica al centro del Mediterraneo: l 'una della Marina Militare italiana e l'altra della Nato (su quest'ultima il silenzio è impenetrabile per via degli arsenali ivi custoditi).
Un grande deposito di carburante in pieno centro abitato a diretto contatto con le abitazioni civili; tredici industrie chimiche e petrolchimiche di cui ben sette "ad alto rischio di incidente rilevante" in appena 15 chilometri di costa, su un territorio già soggetto più volte a catastrofici terremoti, definito dal Ministero della Protezione Civile ad "alto rischio sismico" e che appena tredici giorni prima del terremoto del 13 dicembre 1990 era stato ufficialmente definito ad "elevato rischio di crisi ambientale" dal Ministero dell’Ambiente. Un territorio che, oggi, vede Priolo con i suoi 15.000 abitanti come epicentro, ma che abbraccia città come Augusta (42.000 ab.), Siracusa Nord (70.000), Melilli (10.000), Belvedere (5.000), e Città Giardino (1.000).
Una testimonianza della grave situazione di degrado ambientale fu data nel 1979, quando Marina di Melilli (1.000 ab.) fu evacuata e rasa al suolo perché circondata e soffocata dalle ciminiere degli stabilimenti del progresso che incredibilmente vi erano stati installati a sole poche decine di metri di distanza!
Tutto cominciò con la militarizzazione del porto di Augusta agli inizi del secolo per continuare poi nel 1949, quando l'industriale Moratti, approfittando della particolare posizione geografica del porto di Augusta vi installò la prima raffineria.
Oggi Augusta ed il territorio circostante pagano pesantemente il prezzo degli errori commessi quarant'anni fa da alcuni politici sprovveduti di allora che, con il miraggio del facile benessere, applaudendo alle ciminiere, pensavano di far uscire dal sottosviluppo la provincia di Siracusa sfruttando il porto di Augusta, dando così inizio ad un insensato processo di industrializzazione.
Su un'area ristrettissima, ad immediato ridosso di centri urbani densamente abitati, sorse quell'agglomerato industriale che, contravvenendo a tutte le leggi, con i suoi scarichi inquinanti durati quarant'anni, ha devastato forse irrimediabilmente tutto l'ecosistema della fascia costiera tra Augusta e Siracusa. L'avvento dell'industria segnò pure la fine dell'agricoltura, della pesca, dell'estrazione del sale che costituivano le attività portanti dell'economia lavorativa locale.
Va ricordato pure che gran parte della zona industriale sorge su una vasta area archeologica e su una stupenda costiera che, opportunamente valorizzate, avrebbero potuto fare di questo territorio un polo d'attrazione turistica senza rivali in tutto il Meridione.
Ma agli errori del passato oggi se ne sono aggiunti altri: nonostante la situazione di grave degrado, che ha fatto dichiarare la zona ad elevato rischio di crisi ambientale, nonostante la vibrata protesta della Città di Augusta, espressa sempre con metodi di concretezza esemplari e nel pieno rispetto della legalità, il Governo della Regione Sicilia ha permesso il sorgere di un grande impianto di incenerimento per i rifiuti speciali ospedalieri dell’intera Regione a pochissima distanza dal centro abitato di Augusta; ha dato parere favorevole al sorgere di una piattaforma polifunzionale che dovrebbe smaltire i rifiuti tossici e nocivi prodotti non solo dalle industrie di Siracusa, ma anche da quelle di Catania e Ragusa e, quasi come una cinica beffa, alcuni giorni dopo il terremoto del 13 dicembre 1990, ha finanziato la realizzazione di altri quattro impianti nella zona industriale di Augusta; vale adire è stato aggiunto altro "esplosivo" su una "polveriera" che per miracolo nella notte del terremoto non è esplosa.
Cosa rappresenta per l'economia nazionale l'area industriale di Augusta-Priolo-Melilli?
Da queste industrie l'intera Italia preleva il 60% del suo fabbisogno di carburanti; il 100% dei lubrificanti senza contare i detergenti, le paraffine, zolfo, ecc. per le lavorazioni di altre raffinerie come Manfredonia, Marghera, Gela, ecc.; vale a dire che la fermata di questo polo petrolchimico coinvolgerebbe a catena il sistema produttivo industriale italiano.
A livello tributario basti ricordare che tramite il porto di Augusta, lo Stato italiano incassa, mediamente, oltre 1.100 miliardi ogni anno di soli diritti doganali a cui vanno aggiunti i circa 20.000 miliardi l'anno di imposte di fabbricazione e gli utili delle industrie e delle altre ditte ad esse collegate. Ma il dramma di Augusta e del territorio circostante è dato dalle cifre che la maggior parte degli italiani non conoscono: nella sola città di Augusta si muore per neoplasie (specie dell 'apparato respiratorio) più che in ogni altra parte d'Italia: secondo le statistiche ufficiali le morti per cancro sono oltre il 30% delle morti complessive!

Ogni anno si registra la nascita di bambini malformati in misura notevolmente superiore alla media nazionale; gli aborti spontanei sono aumentati; i medici del locale ospedale hanno accertato un forte e progressivo aumento delle malattie allergiche delle vie respiratorie e l'aumento delle dermatiti atopiche; la durata media della vita nella zona è di cinque/sei anni inferiore a quella nazionale.
Le varie morie di pesci degli anni passati succedutesi nel porto di Augusta, a partire dal 1976, non hanno avuto la stessa eco delle mucillagini dell'Adriatico, ma di queste morie non se ne è mai saputo nulla per colpa di una informazione volutamente carente: il sud serve per il benessere del Nord per cui non ha diritto a far sentire la propria voce!
Anche l'informazione sul terremoto del 13 dicembre 1990 che ha avuto come epicentro proprio Augusta è stata "pilotata": prima hanno fornito un epicentro di comodo spostandolo a 55 km più a sud, attirando l'attenzione sul barocco di Noto; poi hanno mentito sull'entità della scossa (che è stata superiore all 'ottavo grado e non del settimo); poi, hanno, prudentemente, dirottato stampa, tv e l'attenzione dell 'opinione pubblica a Carlentini, perché in essa si erano avuti i morti, poi hanno taciuto l'entità dei danni della zona industriale e fatto silenzio sui danni della base Nato nelle viscere della terra proprio sotto l'abitato di Melilli, altro centro gravemente danneggiato dal terremoto.
È proprio contro questa omertà di Stato che ci stiamo battendo: è proprio questa voce che finora abbiamo cercato di far sentire! La notte del 19 maggio 1985 in seguito al grave disastro dell'Icam (diventato poi Enichem Anic) cinque esplosioni distrussero i serbatoi di etilene con fiamme alte più di 600 metri che illuminarono a giorno l'intera zona provocando il panico.
La gente di Augusta tentò invano di evacuare la città, ma non fu possibile per la mancanza di un secondo ponte già richiesto da tempo e riconosciuto necessario perfino dallo stesso Zamberletti allora Ministro per la Protezione Civile! In caso di nube tossica quella notte molte migliaia di persone avrebbero potuto perdervi la vita, ma le autorità, che già da diverse ore sapevano della situazione di emergenza dell'Icam, non fecero nulla per avvisare la popolazione né prima né dopo.
La richiesta di sicurezza per Augusta si canalizzò verso una grande petizione popolare che fu sottoscritta da undicimila cittadini; fu inviata a tutti i parlamentari siciliani una ampia documentazione sui rischi di Augusta, ma solo uno di essi, l'on. Rallo senatore MSI, di sua iniziativa fece un'interpellanza parlamentare a risposta scritta, che non ha avuto alcun esito.
Ricevemmo anche la solidarietà di un altro senatore on. Pietro Ferrara (Psi), appartenente ad un'altra circoscrizione, ma la Sovrintendenza ai Beni Culturali ed Ambientali di Siracusa bloccò il progetto del secondo ponte vedendovi la "pagliuzza dell'impatto ambientale" mentre non sempre riuscì a vedere "la trave della devastazione ambientale selvaggia dei 15 chilometri di costa intasati dagli stabilimenti industriali, del mare irrimediabilmente inquinato, dalle oltre seicento tonnellate di veleni scaricati ogni ventiquattro ore dalle ciminiere, dei fiumi assorbiti dalle industrie, della falda acquifera ormai irrangiungibile dalle trivelle dei contadini che non possono più irrigare i loro campi se non con l'acqua salata che si è infiltrata nel sottosuolo". Ciò vuol dire che la nostra vita e la nostra salute valgono meno del paesaggio, che il profitto deve sempre prevalere “ad ogni costo e a qualunque costo” e che non importa a nessuno se oltre duecentomila persone rischiano ogni giorno la loro vita per mantenere l'opulenza di tanti altri. Ma quello che più ci fa rabbia è la congiura delle menzogne e del silenzio sulla nostra questione ambientale ordita dalla stampa, dalla televisione, dai mezzi di comunicazione che ci ignorano.
Le undicimila firme raccolte in poche settimane inviate a tutti gli ordini "competenti" non hanno scosso nessuna coscienza: le quattromila raccomandate al capo dello Stato, alle massime Autorità nazionali e regionali, ai Sindacati sono rimaste senza risposte; così pure le settemila firme contro l'inceneritore; per tutto ciò numerosi sono stati gli esposti alla Magistratura mentre qui la gente continua ad ammalarsi e a morire di cancro.
E come se ciò non bastasse dopo il terremoto altri quattro impianti industriali nella zona già definita a rischio. Abbiamo corso il rischio di veder sbarcare qui anche i rifiuti tossici e nocivi delle famose «navi dei veleni», ma nessuno sa spiegarsi quale fine abbiano fatto e facciano le sessantamila tonnellate di rifiuti tossici e nocivi prodotte ogni anno dalla zona industriale di Augusta, né esiste una vera Autorità che controlli.
Evidentemtnte siamo troppo lontani dai centri di potere, di informazione, siamo troppo al Sud per far sentire la nostra voce. Ma del nostro Sud si accetta volentieri ciò che giova al benessere di tutti: i prodotti petroliferi. Ma quanti sono a sapere su quale prezzo (di sangue) si fonda il loro "benessere"?
Augusta ottobre 1988
Palmiro Prisutto


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